Ernia inguinale: come il fumetto può trasformarsi in malattia e panacea

Catalogo "Marjane Satrape ovvero dell'ironia dell'Iran"
Pubblicato da Lizard Edizioni, 2003

ERNIA INGUINALE: COME IL FUMETTO PUÒ TRASFORMARSI IN MALATTIA E PANACEA


Esistono malattie e patemi di vario genere: esse possono colpire il fisico, la mente, l’anima, per chi ci crede. Inguine.net è una malattia che ha colpito coloro che per fato o necessità si sono imbattuti in questo essere automoltiplicatore che cresce sulla rete.

Chiaramente si tratta di un sito, e come tale ha di per se stesso le caratteristiche di un tumore maligno, con metastasi continue e irrefrenabili. Nessuno dice perché inguine si chiami inguine, ma tutti ne parlano come un essere fisicamente presente, nella versione cartesiana dell’esistenza, che cresce e pensa a prescindere da chi lo crea. Chi ne ha scritto lo ha definito organismo, chi lo realizza lo ha denominato utilizzando un termine preso dall’anatomia: già nella sua denominazione inguine.net desidera superare l’immaterialità della rete virtuale e darsi uno statuto che prevede carne, sangue, vene.


IT WILL RATHER BE A GROWING ORGANISM


Lo sviluppo di questo ectoplasmatico organismo sono le storie o le suggestioni che nascono dalle storie: ma il centro focale è il fumetto e l’illustrazione. L’obiettivo esplicito è esplorare, attraverso il contributo di illustratori, fumettisti, narratori visivi, le potenzialità della rete.

L’accumulazione non genera trance o un effetto di nausea, piuttosto ricorda esperimenti dadaisti di inizio Novecento, la sperimentazione linguistica di Quenau e fratelli. Ricorda, evoca, eppure ha un’altra personalità. Certo, è in linea con l’ipotesi dell’intervento ad incastro dell’utente, dell’uscita dalla vana fruizione passiva, ma al contempo non è un gioco interattivo, non ha una crescita puramente random, non ha la vocazione voyeristica di una chat di fumettisti, non è tecnofeticista. In qualche modo ha una direzione.

Non penso mai al futuro. Arriva sempre così presto.

Inguine.net è nato nella mente di quattro persone, credo per prima cosa come bambino della notte, ovvero come proiezione di un’attesa di cui non si conosce il profilo, a chi somiglierà, di chi prenderà i tratti, ma semplicemente come suggestione nata da una idea. In questo senso è veramente sperimentale: non si sa mai che cosa nascerà alla fine del percorso. I progetti vengono lanciati in rete, chi vuole aderisce e manda materiale, poi qualcuno rinchiuso in una stanzetta asfittica in mezzo a lattine di coca-cola, da vero tecnoragazzino, monta le immagini, crea la direzione e immagina un senso. Ma la crescita non si ferma qui: perché i contesti di fruizione cambiano e quindi cambia la cornice visiva e di percezione della cosa. Inguine si diverte ad essere presente alle mostre, ai concorsi, alle conferenze dotte sul Web. Quindi viaggia fisicamente. È stato a Sarajevo alla Biennale dei Giovani artisti del Mediterraneo. E non ha avuto pudore di mostrare la sua oraziana natura del carpe diem in mezzo ai grattacieli crivellati dai colpi di mortaio. È stato a Milano, dal salottiero Open space allo spazio okkupato dell’Happening Underground. Si è trasformato in adesivo attaccato alle stazioni ferroviarie, nelle toilette delle discoteche, nelle cabine telefoniche: proprio lui, che vive di pixel, invoca la resistenza della carta.

Orazio l’ha portato a battesimo, ma Inguine non è uscito fuori dal tempo e dallo spazio. E non pensa al futuro, lo lascia agli sciamani della previsione tecnologica. È vero che inserendosi nello spazio della rappresentazione figurale abita forzatamente la dimensione temporale, come ci ha insegnato a pensare Erich Auerbach. Nella strutturazione di frame, immagini, numeri, sonoro, la scansione temporale implica una scelta e la scelta un proprio posizionamento nel tempo, di cui il fruitore diviene oggetto. Ma l’effetto moltiplicatore e prismatico delle immagini che giungono e vengono ricreate in nuove sequenza, al di fuori di un intento commerciale, garantisce una notevole dose di prevalenza del desiderio libero dalla macchina del sistema di costruzione dell’immaginario stesso. Inguine in questo senso è un luogo agglutinante, come la lingua degli Inuit: ha radici e tematiche che possono essere declinate in base alla vocazione del singolo artista.


Ogni evoluzione del linguaggio è anche evoluzione del sentimento (T.S. Eliot)

 

Quindi ora inguine.net è qui, in una mostra non sua e ha chiamato alle armi altri autori: ha imposto loro un tema, estrapolato da una pagina di Marjane Satrapi e ha chiesto loro di reinterpretarlo, senza parole. I risultati sono interessanti; in una manciata di stili un occhio attento individua 9 diverse mani, tutte collegate con il cervello. Il gioco è sempre un po’ dadaista, ma essendo gioco bisogna stare alle regole. È come se la storia raccontata da Satrapi uscisse dalle pagine sue e continuasse a girare nella nostra memoria, a costruire nuove immagini e nuove storie. Quello insomma che succede quando si legge un bel libro o si vede un bel film: solo che qui questo processo, che normalmente è interiore, è stato esplicitato e fermato sulla carta. A ciascuno il suo.