Nella terra dei sogni

Pubblicato su, inguineMAH!gazine # – (2005) (Catalogo di Komikazen Festival del fumetto di realtà)

E com’è vero che io son folletto onesto e semplice, sincero e schietto, se pure ho colpe, non ho mai avuta lingua di serpente falsa e forcuta. Pago l’ammenda senza ritardo. O mi direte che son bugiardo…
(Puck, in Sogno di una notte di mezza estate, W. Shakespeare)


Viviamo in questa terra di mezzo, dove i sogni albergano e non hanno cittadinanza, ma solo permessi di soggiorno. Dobbiamo chiedere ammenda a qualcuno se ne rappresentiamo alcuni, se ci ricordiamo delle storie e di chi le ha vissute? Il nostro tempo spesso è impiegato nel chiedere scusa. Così perdiamo ore nel misurare le parole e nel rettificare i comunicati stampa, le nostre azioni…Dunque basta con questo scempio delle nostre giornate! Abbiamo organizzato anche noi un festival…Infatti, nella terra dei sogni c’è stato un cambiamento antropologico, e la continua plasmazione di immagini oniriche è stata recintata in riserve indiane per l’immaginario. Qualcuno le ha nominate festival.  Ce ne sono di tutti i tipi: del cinghiale, della mortadella pugliese e della trofia bolognese, del giallo e degli altri colori dell’arcobaleno, oppure più banalmente nominate con i nomi delle città che le ospitano. 

Anche noi siamo abitanti di questo mondo nuovo, così abbiamo creato un piccolo recinto e abbiamo invitato i nostri amici. Che si nutrono di sogni e segni che rappresentano il reale. Ohibò! Si usano parole grosse. La realtà prevede che sia univoca e non discutibile, essa ha connaturata nel proprio corredo la pretesa di assoluto…non parliamo di quella signora lì. Lei è tenuta sotto controllo da chi possiede piena cittadinanza di questo Paese, ha le chiavi, i passaporti, i lucchetti. Noi che siamo in transito volontario non aspiriamo a tanto. D’altro canto, chi si nutre di fumetti è più imparentato con Puck che con Oberon. Anche se racconta di Gaza, di torture o semplicemente descrive la propria vita, la scelta di utilizzare l’arte sequenziale lo immerge direttamente nel bosco dei folletti, che si dilettano di arti ispide e che portano forme che sempre rimandano ad altro. Stilizzate, di per sé non reali, denunciano senza intermediari che sì, raccontano storie, ma esse sono tradotte dalla mano del disegnatore e dalla sequenza degli alfabeti in viaggi in territorio altrui in cui la guida è titolare del proprio punto di vista. 

Nella denuncia della propria soggettività non c’è però quella parola petulante, il post-moderno, che ci ha ingabbiato. Essa è stata una cattiva maestra, l’abbiamo bastonata e masticata e ora è da qualche parte nel nostro intestino. Non vi racconto il seguito, anche se la scatologia è sempre parte della commedia. 

Nella riserva ci sono plasmatori che provengono da geografie diverse: non è vero che il mondo è tutto uguale. Chi lo sostiene, mente: negli occhi di chi guarda c’è sempre una luce diversa e i luoghi formano narrazioni diverse, che aspettano solo di essere raccontate per diventare fantastiche. Come diceva Breton, la cosa straordinaria del fantastico è che il fantastico non esiste, tutto è reale. Ed anche quei funamboli delle parole che si chiamavano surrealisti nel reale dei folletti ci sguazzavano benissimo. Ogni luogo emana una sua aura narrativa, se dico Spagna…a cosa pensate? A me viene Lorca con la camicia bianca, Franco che muore nel suo letto, Zapatero che permette il matrimonio omosessuale. Potrei continuare: e mi piace che in queste pagine ce ne sia un’altra che aggiunge un piccolo anello a questa catena.

Per raccontare una storia ci vuole tempo e disposizione: per disegnarla ancora di più. Nell’epoca in cui il tempo supera il valore del barile di petrolio, ci sentiamo arabo sauditi nell’ospitare questi dispersori di mirabile greggio. Le pozze petrolifere del fumetto sembrano (dico sembrano, potremmo anche aprire quel famoso dibattito…) non temere l’esaurimento. Certo, non sempre i finanzieri sono in grado di comprendere il valore delle cose al primo sguardo: l’economia, così come l’editoria, non è intelligente. Anche questa è una fandonia venduta come realtà del reale. Così, i nostri invitati alla riserva in Italia non sono ancora sufficientemente inseriti nei cataloghi degli editori. Il nostro auspicio è che si trovino cacciatori d’oro interessati a depredare questi tesori. E sogni felici a tutti voi.