Il tempo è tempo

L'ultimo Gasp, inguineMAH!gazine #2 – anno1 (2003)

Considerata la nostra miopia quando si tratta di valutare la nostra civiltà,

i suoi errori, le sue probabilità di sopravvivenza, e l’opinione che di essa

avrà la posterità, non abbiamo certo il diritto di stupirci che dei romani

del III o IV secolo si siano accontentati fino alla fine di vaghe meditazioni…

invece di interpretare con maggior chiarezza i segnali della morte del loro

mondo. Non vi è nulla di più complesso della curva di una decadenza.

Marguerite Yourcenar, Con beneficio d’inventario, Milano 1985, p. 24


C’era il coniglio di Alice. C’era il proverbio il tempo è denaro. C’erano gli epigrammatici filosofi prima di Socrate: non ti bagnerai mai nello stesso fiume. Una serie di parole e cose che ci hanno ancorato al passare inesorabile del grande modellatore. Ma soprattutto c’era lui, il tempo. Il tempo per sé, per la noia, per il vuoto che riempie la mente, il tempo per sorseggiare il caffè al tavolo di un bar e ascoltare i mormorii dei vicini.

Per noi, cioè per questa rivista anemica e bizantina, sono passati cinque anni di tempo. Sono trascorsi? Sì, in effetti è così. Lo noti dal mutamento degli sguardi, dall’assenza di tempo negli amici che spesso corrono e rincorrono la loro vita e non c’è tempo, non c’è tempo.

Le riviste, come i figli, ti danno invece un orizzonte, delle coordinate che ti ricordano di quanto è passato tra le tue dita e i tuoi occhi, altrimenti rischi di perdere tutto. L’amnesia è una delle malattie più infettive del XXI secolo. Alcuni dei nostri superamici sono ancora qui, alzano la mano e dicono presente. Li troverete in queste pagine. Altri ci hanno lasciati. Possono permanere solo nelle sinapsi dei non amnestici. Quel terribile muscolo del ricordo sapete, che alcuni odiavano nei nonni.

Oltre all’appello del chi c’è, chi non c’è, mi guardo intorno e vedo effettivamente delle cose mutate, che cinque anni fa non so se avrei previsto.

Ci sono le graphic novel: sapete, quella cosa che esiste da almeno trent’anni per non dire cinquanta nel fumetto, ma che adesso esiste perché ha trovato un’etichetta che per allure inglesizzante che fa tanto sono stato nel centro dell’impero e ho visto cosa succede, è improvvisamente diventata evidenza anche in Italia. Ne scrive su questo numero un rissoso Battaglia: si può essere o meno d’accordo con lui, ma comunque quanto osserva non lascia indifferenti.

I Balcani ci sono ancora: almeno geograficamente, ma se un quinquennio fa ancora un trafiletto se lo conquistavano, adesso sono svaporati nel fumo delle sigarette Drina. Wostok continua a disegnare, a leggere in modo surreale il reale e noi speriamo sempre che l’attenzione a questi autori non sia un passeggero e coloniale accorgersi di chi è in prima pagina per numero di bombe, ma un interesse per la storia, per il disegno di quell’autore/autrice. Ah! Il Montenegro è diventato un altro Stato: mi ricordo una volta, proprio c’era una volta, gli anarchici che volevano abbattere lo Stato. Adesso tutti ne vogliono fare uno…si vede proprio che hanno perso.

Visto che siamo in un momento di millenarismo di ritorno, c’è anche lui, il vecchio Inferno dantesco, interpretato dal nordico Matti Hagelberg. Chissà come suona in suomi Inferno: e soprattutto, sarà anche per il Paese dei ghiacci un luogo di fuoco?

Noi nei gironi ci stiamo ancora, in quello dei senza vuoti nei testi, in quello “c’è ancora qualcosa da dire”, in quello “non vogliamo tacere”, in quello “la poetica non è l’assenza”, anche in quello “non farò mai la dieta”. Siamo anche nel girone dei cattivi che fanno gli allegati: difatti a questo numero volendo è abbinato il fascicolo con gli autori premiati e selezionati dal concorso di Bologna Iceberg: Eugenia Monti, vincitrice, poi Anna Defolorian, Angelo Mennillo, Emanuele Rosso segnalati. Il tema era il kairos, che spesso è tradotto occasione, momento opportuno per, ma è anche semplicemente tempo.