testo in Macchina Suprema, Giuda edizioni, 2011
“Che cosa c'è di più coerente della follia che canta le proprie lodi?”, si chiedeva Erasmo da Rotterdam nel famoso Elogio della follia: nell'epoca assennata degli umanisti il dotto olandese interrogava la cerchia dei sapienti sul tema di chi è il vero folle, domanda inevasa direi e che ancora oggi ci diletta. E che ancora produce storie affabulatorie, dove l'amore, la morte e le coincidenze la fanno da padrone.
In questo originale plot di Giovanni Barbieri gli ingredienti ci sono tutti: l'abbandono, il ritorno, le strane alchimie del sogno che diventa vita, la vita che diviene sogno, specchi che si infrangono e fanno emergere disegni più reali della realtà.
Questo materiale evocativo è tenuto insieme coerentemente dalla presenza di vari livelli linguistici e narrativi. Ai nomi citazionisti dei protagonisti, che rievocano letterature russe cadute nelle botole della nostra memoria, si impigliano situazioni quotidiane stranianti: “chiedo il cambio liceo”, dice uno dei personaggi, “entro il 26”. Il linguaggio forbito e cangiante ogni tanto cade in un parlare sommesso. Luoghi fantasmatici, anch'essi da prurito nelle orecchie dei lettori, si alternano a situazioni che rimandano ad una quotidianità distratta e banale. La carne desiderante si scontra con le romantiche passeggiate sulla barca e con i doni simbolici di uomini colpiti dal sacro furore. Ma saranno loro i folli? O forse gli occhiali del prevedibile ci distolgono dal vedere la notevole macchina suprema?
Lo stesso Cartesio, d'altro canto, che propugnò una visione meccanicistica e razionale del mondo, fu agitato da sogni e visioni mentre scriveva il Discorso sul metodo. Anche l'uomo del “Cogito ergo sum” insomma aveva le sue inquietudini e si pose il problema di rilevare un'unica legge suprema per la lettura del mondo. Anche il nostro Milos insegue un ordine supremo, una via di cui non intravediamo i confini, ma che rimanda alle ricerche olistiche e assolute. Ma in questa storia di assoluto sembra esserci solo l'amore, che abbandona, illude, ritorna e si nasconde. E porta a follie perpetue o intermittenti. Di cui vediamo i segni sui muri e sui corpi. Un romanzo romantico, che si compone di diversi stili perché è composto di diverse materie, che solo prendendo forma rappresentata in diversi registri visivi poteva trovare completezza.
Per dirla sempre con Erasmo, questo libro non è “per le scimmie ammantate di porpora o gli asini vestiti con la pelle del leone”, ma per gli arcifolli guardatori, per coloro che sanno che la stessa vita si deve alla medesima dea, Follia.