Intervista ad Omar Galliani

Si era aperto con Plessi l'anno corrente all'Accademia di Belle Arti di Ravenna e si conclude con Omar Galliani, venerdì 5 giugno, indubitabilmente il disegnatore più virtuoso e conturbante del panorama artistico italiano. Il dialogo con i maestri non si può concludere solo con quello dei docenti, ma con l'apertura agli sguardi e alle mani di chi fa arte ai massimi livelli. La tensione pedagogica di Galliani è visibile non solo perché il maestro insegna all'Accademia di Carrara. È l'impatto della sua visione, la luce che emerge dalla linea nerissima che costruisce le figure di una bellezza evocativamente rinascimentale di un disegnatore che continua a peccare utilizzando il disegno come arma per ricomporre una bellezza dispersa e magica. Non a caso nel 2005 a Torino una sua opera dalle dimensioni sempre maestose (5x6,3 metri) è stata messa a confronto con il volto dell'angelo di Leonardo preparatorio per la Vergine delle Rocce. Artista che ha esposto in tutto il mondo, possiede una naturale indole a concedere tempo alle cose. 

Si è spesso parlato di tensione etica del suo lavoro. In che senso attribuisce questa definizione alle sue opere?

Etica è un termine desueto, ma per me fare un'opera è già qualcosa di eticamente responsabile. Dedicare sei mesi alla costruzione di una grande disegno interamente fatto a mano in questo mondo di velocità e di prontezza è già un'azione etica. Una scelta responsabile.

 

Il disegno è spesso definito "preparatorio": lo è per la pittura, lo è anche per il mosaico. Per lei invece è il risultato. È anche questa una forma di disfatta, come quella della splendida simmetria che ricerca in molte sue opere come inesauribile segreto?

È per me una resistenza anche in termini militari, è stare in una sorta di trincea. Tutto è militarmente costruito intorno all'economia dell'arte, quindi fare un disegno su un foglio con una funzione scientifica, analitica, impiegando tutto questo tempo è l'opera. L'opera finita è poi esagerata imbarazzante, sembra annullare i processi tradizionali del fare artistico. I miei disegni arrivano a dimensioni che non sono quelli del disegno. Dico quindi resistenza militare in senso vero reale, è una scommessa.

 

Chi sono i maestri? E i cattivi maestri?

I maestri sono quelli di sempre. Io uso bianco e nero, lavoro in bicromia, utilizzo il legno di pioppo, elementi basici del fare, il carbonio della matita. Non ci sono grandi esempi del passato, la mia memoria visiva, se devo dirne una, arriva a Caravaggio. O il meno conosciuto disegno di Seraut che arriva ai bordi, che non è ancorato al centro. Leonardo invece finisce i disegni, questo è sicuramente il principio cui mi aggrappo. Se pensiamo al contemporaneo in Italia De Dominicis, Longo tra gli americani. I cattivi maestri non ci sono: quelli sono eventualmente arruolati nel sistema e non me ne preoccupo.

 

Quanto ruolo ha l'ispirazione e quanta la traspirazione, ovvero la fatica?

Un'idea originale può cambiare, però l'ispirazione è importante. Io lavoro sempre in verticale, impossibile stare seduto, sempre in piedi. Questo produce scariche sia fisiche che mentali.

È una ginnastica. Il lavoro sublima l'idea, ma è fondamentale. Ritornando all'etica, è questo che intendo, l'idea del lavoro.

 

Non disdegna neanche la sfida della tecnologia senza rinunciare a se stesso, come nell'opera dedicata al Correggio, realizzata per essere visualizzata da Google.

Le tecnologie non le disdegno per niente. Il mio lavoro spesso viene criticato perché sentito come visione edulcorata, che ricerca la bellezza, ma la contaminazione del contemporaneo è continua. Io sono della generazione di Blade Runner, quella che vive il day after in cui tutto si sovrappone. Sono una scheggia della storia che naviga ancora nel presente. Tutto è contemporaneo nel vero senso della parola. Ad esempio uso la fotografia che talvolta faccio io, ma spesso arriva per casualità. Un'immagine che arriva dall'effimero del web ... fermarla e farla diventare contemplazione, è un'azione etica. Prendiamo ad esempio l'aspetto del volto, così spesso citato erroneamente come “ritratti”, nessuno in realtà lo è.

 

Un consiglio per chi vuole fare l'artista oggi?

Non comprare troppe riviste d'arte contemporanea. Non basarsi sulle situazioni appariscenti del mondo dell'arte. Le differenze sono la qualità. Il mondo intorno è delirante, difficile trovare qualcosa che ci attiri a lungo, su cui valga la pensa soffermare troppo lo sguardo. Tutto si assomiglia. Ci sono anche bravi artisti, ma che non hanno pensato a dove stavano e dove sarebbero andati a finire. Cercare la diversità. Cercare non l'isolamento, ma la diversità sì.