Casa Monti di Alfonsine

« Alta è la notte, ed in profonda calma

dorme il mondo sepolto,

...Io balzo fuori dalle piume, e guardo;

e traverso alle nubi, che del vento

squarcia e sospinge l'iracondo soffio,

veggo del ciel per gl'interrotti campi

qua e là deserte scintillar le stelle.

Oh vaghe stelle!... »

(Vincenzo Monti, Pensieri d'amore,

VIII, 124-132)

Forse non molti collegano il famoso traduttore dell'Iliade con Leopardi, che ebbe giudizi non generosi nei suoi confronti: eppure, come anche i non esperti noteranno, il poeta di Recanati si è molto più che ispirato al poeta di Alfonsine, Vincenzo Monti.

La sua importanza e la sua fama non sono facilmente intuibili oggi, perché di fatto il suo nome è oscurato da un altro canone letterario: la sua fama alterna, come testimonia anche la casa museo, realizzata durante il fascismo, rimasta indenne durante i bombardamenti che rasero al suolo il comune sul Senio e ristrutturata grazie al magnate Marino Marini.

Non è mai stato facile scegliere le belle lettere invece degli affari: non lo fu neanche per Vincenzo Monti, l'intellettuale forse più influente d'inizio ottocento della Romagna. Per colpa di questa sua viscerale passione, che lo portò ad essere l'esponente più noto del neoclassicismo italiano, fu sostanzialmente diseredato dal padre. La casa dell'Ortazzo, come si chiamava la località fuori Alfonsine dove sorge ancora la sua casa natale, passò infatti ad un nipote, figlio del fratello ingegnere. Costanza Monti, la figlia del poeta, cercò di riaverla: la bella e unica figlia del celebre poeta ebbe purtroppo una sorte molto sfortunata in tutto. Non riuscì a sposare Andrea Mustoxidi, che diventerà poi il primo ministro greco dell'Istruzione nel primo governo della Grecia liberata, per la contrarietà della madre. Si trovò giovanissima ad essere poi vedova di un conte pesarese di piccola nobiltà e si rimase inerme, preda delle maldicenze. Accusata di “facili costumi”, attrasse i pettegolezzi come api al miele, viste le sue forme generose e lo sguardo vivace, la curiosità attenta e mai banale. Quando il padre morì nel 1828, Costanza era lì ad accudirlo, ma la madre la escluse dall'eredità paterna. Così si ritirò prima dai cugini a Maiano e infine dalle suore Orsoline a Ferrara, dove morì. Sempre buona, ora anche felice fece scrivere Paride Zaiotti ai piedi dell'altare della Vergine Addolorata dove fu sepolta. Certo di felicità l'affascinante progenie dell'alfonsinese in vita non ne ebbe molta.

Il padre invece alternò, come in ogni vita, momenti di gloria a momenti di difficoltà: fu un poeta mondano, uno che copiava egregiamente e che capiva con grande acume dove tirava il vento. Così a Roma presentò al Teatro Valle (sì, proprio quello delle occupazioni di cronaca...) con grande successo la tragedia Aristodemo, ispirandosi apertamente al fascinoso Alfieri. Stipendiato dalla corte pontificia, fuggì poi in una carrozza di “stato” per passare dalla parte di Napoleone. Insomma, quando il vento cambiava, cambiavano anche i suoi versi.

Il suo carattere “bilioso”, “fomentatore di odio”, non gli permise di avere amici duraturi: il legame con Foscolo, inizialmente sincero e di mutua stima, diventerà negli anni scontro all'ultimo verso. Anche quando il Foscolo sarà a Londra non si dimenticherà di ricordare il vecchio amico come “adulatore spudorato e senza pricipi”.

Dopo l'esilio parigino, il ritorno in Italia con le nuove vittorie napoleoniche divenne un tripudio di tributi per l'alfonsinese, che diventò nel 1805 poeta di corte, ricevendo 6.000 zecchini l'anno. La caduta dell'invicibile francese non sarà la fine della carriera di Monti, ma certo il suo stipendio verrà notevolmente diminuito...

Rimane per tutti l'esperienza della traduzione dell'Iliade, che lui “traduttor di traduttori” come lo chiamò ironicamente Foscolo, rese in italiano senza sapere il greco. Eppure nella sua versione poetica, che contiene notevoli mistificazioni di senso (ma d'altro canto non lo è ogni traduzione un esacerbato tentativo di ridurre in altra lingua una materia irriducibile?) c'è molta della nostra esperienza del classico. “Cantami o diva del Pelìde Achille” è per generazioni di italiani il verso che apre all'amore (o all'odio, dipende dai casi...) per la classicità, e in questo ruolo ineguagliabile di traghettatore di senso vale la pena di accostarsi a questo museo, che contiene ben poco dell'esperienza montiana, tutta sostanzialmente agita nel centro del mondo di allora, tra Roma, Milano, Parigi e Parma. Eppure tutto cominciò in questa periferia della periferia estrema, in questa tutto sommato umile casa di campagna in cui il fratello più giovane decise di disubbidire ai genitori, e di dedicarsi alla scrittura.


 

Casa Monti

Via Passetto, 1

tel. 0544 869808

Apertura: da dicembre a febbraio e da giugno a agosto: da lunedì a venerdì, ore 9-13; da marzo a maggio e da settembre a novembre: lunedì e venerdì, ore 9-13; martedì e giovedì, ore 9-13 e 14-17.30; mercoledì, ore 9-13 e 14-17.

Sabato, domenica e festivi aperto solo su prenotazione.

Chiusura: dal 22 dicembre al 6 gennaio e dal 9 al 24 agosto

Ingresso gratuito

Accessibile ai diversamente abili